martedì 27 settembre 2011

La leggenda di Fitzcarraldo: i detenuti al Quirino

Dopo il successo del 26 maggio 2010 con lo spettacolo "Viaggio all’isola di Sakhalin" (di Laura Andreini Salerno e Valentina Esposito), frutto di intensi mesi di laboratorio con 30 detenuti attori, il Centro Studi Enrico Maria Salerno presenta il nuovo progetto teatrale che coinvolge la stessa compagnia di detenuti-attori. Si tratta de "La Leggenda di Fitzcarraldo" (drammaturgia e regia sempre di Laura Andreini Salerno e Valentina Esposito) con i detenuti-attori della Sezione G8 del Carcere di Rebibbia N.C. (Giuseppe Borzacchiello, Cristian Cavorzo, Francesco Chiappetta, Gaetano Cosenza, Sabatino Di Guglielmo, Giovanni D’Ursi, Fabrizio Diana, Vincenzo Di Letizia, Emanuele Gemito, Giacomo Gesù, Filippo Gibilras, Michele Minicozzi, Giampaolo Moscia, Romolo Napolitano, Roberto Pedetta, Giancarlo Porcacchia, Piero Proietti, Paolo Sbrescia, Antonio Sorrentino, Andrea Stoccoro, Sandro Verzili, Andrea Zaccaria) e con la partecipazione di Fabio Rizzuto.


Il 30 settembre 2011 alle ore 21, infatti, presso il Teatro Quirino Vittorio Gassman, sarà in scena lo spettacolo La Leggenda di Fitzcarraldo, con i detenuti di Rebibbia che per una sera lasceranno la casa circondariale per esibisrsi sul noto palcoscenico romano. Lo spettacolo racconta l’epopea dell’avventuriero irlandese Brian Sweeny Fitzgerald, detto Fitzcarraldo, vissuto tra fine dell’800 e i primi del 900, che perseguì il folle progetto di costruire un teatro dell’Opera in mezzo alla foresta amazzonica. Spinto da questo irrinunciabile sogno, l'imprenditore ingaggiò un equipaggio di squattrinati marinai alla ventura. Un romanzo picaresco, vera e propria letteratura di viaggio, tra epica e teatro. 

In un mondo primitivo ancora pieno di mistero, la voce di Enrico Caruso si diffonde attraverso un vecchio grammofono che viaggia lungo il fiume. La musica incanta nativi e avventurieri, inaspettato lenimento alla durezza di una vita in una terra ostile nella quale, narrano i miti indigeni, Dio stesso ha lasciato incompiuta la sua opera di creazione. Tra invenzione letteraria e biografia storica, i trenta protagonisti raccontano la precarietà di una vita sempre a rischio tra lo sbando e l’avventura, ma anche l’umiltà e la capacità di saper scommettere sull’ignoto. L’ossessione di un visionario diventa sogno condiviso. Citando Herzog, che alla vicenda di Fitzcarraldo dedicò il celebre film del 1982, “i grandi sogni muovono le montagne”. 

L'ingresso è libero fino ad esaurimento posti. E' meglio dunque confermare la propria presenza.

Il penitenziario romano di Rebibbia Nuovo Complesso è considerato uno degli esempi di come l’Istituzione carceraria possa concretamente intraprendere la via della rieducazione e del reinserimento sociale e lavorativo dei cittadini reclusi, grazie all'offerta, a chi vuole cogliere la propria “seconda opportunità”, di percorsi di studio, formazione, lavoro ed esperienza dell’arte. La punta di diamante della proposta di reinserimento per i reclusi è costituita dall’arte teatrale: dal 2002 il Centro Studi Enrico Maria Salerno, in accordo con la Direzione del penitenziario ed il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, ha assunto la responsabilità delle attività teatrali e formative presso il carcere. I detenuti-attori coinvolti nei Laboratori sono oltre 100. Sono stati prodotti 7 spettacoli (Shakespeare, Dante, Cechov, Giordano Bruno, Eduardo…) con oltre 50 repliche per un totale di 22.000 spettatori. La sala, regolarmente aperta al pubblico della città, è dotata di una platea di quattrocento posti e di un palcoscenico ampio e perfettamente attrezzato.

Esiste un’ampia pubblicistica sulla funzione del teatro all’interno del mondo carcerario. Una storia che parte dall’impegno di Sara Bernhardt a S.Quintino nel 1912 e passa per Beckett, Eduardo, Enrico Maria Salerno, Pasolini… per arrivare alle esperienze contemporanee di Volterra, Milano, Saluzzo, Palermo... Il Teatro offre ai detenuti l’opportunità di incontrare sul piano emotivo, intellettuale, spirituale un ampio ventaglio di possibili sguardi sul mondo, concorrendo a fornire strumenti nuovi nell’interpretazione della propria esperienza di vita. Ciò grazie ad una pratica artistica che attinge alle parole dei poeti per trasferirne il senso nella concreta vita di palcoscenico.
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