domenica 19 gennaio 2014

Mi rifiuto di scrivere un necrologio per l'uomo

In occasione della giornata della memoria (il 27 gennaio), arriva in libreria "Poesie di Hans Sahl. Mi rifiuto di scrivere un necrologio per l’uomo", cura e traduzione di Nadia Centorbi per Del Vecchio Editore. Quando nel 1942 dà alle stampe il suo primo volume di poesie "Le chiare notti. Poesie dalla Francia", Hans Sahl ha quarant’anni. Alle sue spalle l’Europa in fiamme e nove lunghi anni di esilio, trascorsi per lo più a Parigi. Fuggito dalla Germania nazista, si era unito alla schiera degli emigranti della prima ora, nel marzo 1933, «non solo come ebreo, ma anche come oppositore di Hitler», riparando dapprima a Praga, poi a Zurigo e infine a Parigi fino allo scoppio della guerra. 

All’invasione della Francia da parte delle truppe tedesche, fu internato nei campi di lavoro francesi, in uno dei quali condivise la drammatica esperienza con Walter Benjamin. Nel 1941 riuscì a fuggire e raggiungere Marsiglia, uno dei pochi porti d’Europa dal quale era ancora possibile salpare in direzione degli Stati Uniti. Approdò a New York e vi si stabilì, per rientrare in Germania definitivamente solo nel 1989. Cinquantasei anni di esilio in cui Sahl svolse prevalentemente il lavoro di corrispondente culturale da New York per diversi giornali e riviste. Si dedicò all’attività di traduttore, nella consapevolezza di avere ormai «siglato un patto con l’estraneità». Nei versi di Sahl riecheggiano i momenti bui del Ventesimo secolo e la dolorosa esperienza dell’esilio, rielaborati celebrando il coraggio, la tenacia, la forza necessaria all’elaborazione e la potenza della parola poetica. 

Dal tempo e dalla sua rima mi sono estraniato, il tempo la mia rima mi ha rubato. Dove i mondi crollano e s’annientano popolazioni, per addensarsi in rima la parola non ha più occasioni. Mettere in canto l’orrore non è forse azzardato, strappare a ciò che non ha rima qualcosa di rimato, per chi ancora le parole possiede nella parola cacciar di frodo per illustrare la carie ossea della lingua trovare il modo, e dove tutte le parole vengono meno, scandire in sillabe la danza della morte a cuor sereno?

L'AUTORE
Nato nel 1902 in una famiglia di industriali di Dresda di religione ebraica, Sahl fu attivo come critico cinematografico già dal 1920. Fu traduttore di autori di rilievo, come Tennessee Williams, Arthur Miller e Thornton Wilder. Si spense a Tubinga nel 1993. Di Sahl è uscito in Italia: Memorie di un moralista. L’esilio nell’esilio, Sellerio 1995. Appena qualche anno prima di rientrare in Germania, Sahl scriveva a Joachim Koch, l’editore della rivista «Exil»: «Esilio – non si tratta soltanto di una definizione politico–geografica, non solo di un luogo dell’estraneità, del confino. L’esilio è quasi diventato un moderno stato di coscienza. Ci sono interi popoli che vivono in esilio nel loro stesso Paese, per altri l’esilio diventa una seconda patria».

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