mercoledì 4 novembre 2009

Il servizio idrico integrato


Cittadinanzattiva ha redatto l’annuale dossier sul servizio idrico integrato realizzato dall'Osservatorio Prezzi & Tariffe, che dal 2004 produce analisi sui servizi pubblici: rifiuti, acqua, asili, trasporto locale. L’analisi, realizzata in tutti i capoluoghi di provincia italiani, si focalizza sul costo dell’acqua per uso domestico, scomposto nelle seguenti voci: acquedotto, canone di fognatura, canone di depurazione e quota fissa (o ex nolo contatori).

I dati, relativi al 2008, sono riferiti ad una famiglia tipo di tre persone con un prestabilito consumo annuo di metri cubi di acqua. Nel dettaglio, vengono evidenziate le città più/meno care, dove si registrano i maggiori incrementi, le disparità di costo tra le regioni e all’interno di una stessa regione. I dati evidenziano un costo dell'a
cqua sempre maggiore: infatti nell’ultimo anno, il costo dell’acqua ha registrato un incremento medio del 5,4% rispetto al 2007, con aumenti a due cifre in 15 città: si parte dalla Campania (+34,3% a Salerno, +31,9% a Benevento) per arrivare in Emilia Romagna (+21,4% a Parma, +10% a Ravenna) passando per Basilicata (+16,1% a Potenza e Matera), Veneto (+16,3% a Padova e +12,3% a Verona), Lombardia (+15,9 a Lodi, + 13,4% a Cremona), Piemonte (+14,5% a Verbania, +12,8% a Novara), Marche (+14,4%, ad Urbino e +11,5% ad Ancona) e Friuli (+12,1% Gorizia). In generale, gli incrementi si sono registrati in ben 68 capoluoghi di provincia. Inoltre, secondo dati Istat, da gennaio 2000 a luglio 2009 l’aumento è stato del 47%.

Con ben 7 tra le prime 10 città più care, la Toscana si conferma la regione con le tariffe mediamente più alte. Costi più elevati della media nazionale si riscontrano anche in Puglia, Umbria, Emilia Romagna, Marche, Basilicata e Sicilia. Marcate differenze esistono anche all’interno di una stessa regione: ad esempio, in Sicilia, tra Agrigento (città più cara d’Italia con 445€) e Catania intercorre una differenza di 258€. Esempi simili in Veneto, Toscana, Piemonte, Liguria, Marche e Lombardia. In un anno una famiglia sostiene in media una spesa di 253 euro per il servizio idrico integrato.

In tema di qualità delle acque destinate al consumo domestico, poco si parla del ricorso alle deroghe, previste dal D.Lgs. 31/01 e concesse dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali: negli ultimi 7 anni, ne hanno usufruito ben 13 regioni. Se nel 2002 solo la Campania ne aveva fatto ricorso, accompagnata nel 2003 da altre 2 regioni, per complessivi 5 parametri “fuorilegge” (fluoro, cloruri, magnesio, sodio, solfati), attualmente sono 8 le regioni in deroga (Lazio, Lombardia, Piemonte, Trentino, Umbria, Toscana, Campania, Puglia), per un totale di 7 parametri: arsenico, boro, cloriti, fluoro, selenio, trialometani e vanadio. Tali Regioni devono provvedere affinché la popolazione sia adeguatamente informata, ma in alcuni casi non si specificano nemmeno i nomi dei singoli comuni coinvolti. In ogni caso, ad oggi, il Lazio è la Regione con il maggior numero di amministrazioni comunali interessate da deroghe, ben 84 (nel 2006 erano 37) per 5 parametri, segue la Toscana con 21 comuni (ma nel 2008 erano 69 e nel 2005 addirittura 92) e tre parametri. Cosa succederà dal 2010 quando la richiesta di ulteriori deroghe per gli stessi parametri oggi “fuorilegge” andrà indirizzata direttamente alla Commissione Europea?

Il commento di Teresa Petrangolini, segretario generale di Cittadinanzattiva. “Il settore idrico può essere preso a paradigma delle tante facce dell’Italia: al Nord si investe di più, le tariffe sono mediamente più basse, così come la dispersione, ma tre regioni sono in deroga per parametri microbiologici e chimici eccessivamente alti come l’arsenico. Al Sud invece non si investe, la rete è un colabrodo, e anche se i parametri di potabilità sono migliori che al Nord, le continue interruzioni del servizio in molti casi non favoriscono il consumo dell’acqua di rubinetto. Il Centro, dal canto suo, si contraddistingue per le tariffe medie più elevate. In generale, a fronte di una crescita costante delle tariffe, la qualità del servizio è carente: si continua a far pagare il canone di depurazione anche in assenza del servizio; la dispersione idrica è ormai pari ad un terzo del volume di acqua immessa nelle tubature; il regime delle deroghe da transitorio rischia di diventare perpetuo. Alla luce di tutto ciò, crediamo non più rinviabile allargare le competenze dell’Autorità per l'energia elettrica e il gas anche al servizio idrico, rafforzandola con reali poteri d’intervento, mentre guardiamo con preoccupazione alla privatizzazione in un settore nel quale i livelli di tutela dei cittadini sono pressoché nulli”.

On line sul sito www.cittadinanzattiva.it il dossier completo, con box regionali e informazioni sugli assetti gestionali del servizio nonché sulle deroghe più longeve e i parametri “fuorilegge” per singola regione. In particolare, per ciascun capoluogo di provincia, le tariffe con le specifiche delle singole voci di costo presenti in bolletta, le variazioni rispetto all’anno passato oltre a dati su dispersione e investimenti.

Germana Brizzolari
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