Il giudice di Salerno ha avuto pietà e ha concesso alla giovane coppia di sottoporsi alla fecondazione assistita - con selezione di embrione - nonostante sia fertile, cosa che la già abbastanza contestata (e però anche infranta) legge 40 proibisce espressamente. E sul fatto che i due siano fertili non ci possono essere dubbi visto che hanno già messo al mondo una figlia morta a sette mesi e hanno affrontato tre aborti - chissà con quale sgomento per loro che da anni ostinatamente cercano un figlio - perché i nascituri erano tutti affetti dalla stessa malattia che ha ucciso la bambina e della quale sono portatori sani: l'atrofia muscolare spinale di tipo 1, che porta i piccoli a morire entro l' anno per soffocamento.
La sottosegretaria alla salute Eugenia Rocella ha immediatamente e duramente condannato la decisione del giudice, parlando di pratica puramente eugenetica che verrebbe introdotta di soppiatto nel nostro Paese. La sua è la posizione dei cattolici più intransigenti che per salvare una loro regola vorrebbero andare contro la regola della natura secondo la quale il desiderio di un figlio che viva possibilmente più a lungo dei suoi genitori è atavica e irreprimibile. Non che la loro regola sia assurda o ingiustificata o per principio sbagliata, tutt' altro, ma semplicemente non può prevalere, non alla lunga, almeno, contro quell' altra scritta più profondamente e infinito tempo prima e, dunque, più forte e più vitale e non davvero sottomettibile ad alcuna repressione. Inserirsi con norme che inevitabilmente appaiono spietate per legiferare sulle questioni che riguardano maternità e paternità è impresa straordinariamente ardua che, sia pure ispirata, come in questo caso, alla dottrina cattolica, difficilmente va a buon fine. Ne sanno qualcosa coloro che si occupano, per esempio, di affidi e adozioni, spesso costretti a rinunciare, davanti alle ragioni del sangue, a soluzioni che appaiono perfettamente opportune e confacenti.
Il desiderio di un figlio il più possibile sano sta, insomma, scritto da sempre nel cuore dell' uomo e della donna, e oggi che scienza e medicina offrono la possibilità di realizzare questa aspirazione, in modo ovviamente ancora più marcato. E visto che sarebbe sbagliato parlare in generale prescindendo dal caso specifico della sfortunata coppia di Salerno - primo caso in assoluto in Italia - davvero può assomigliare a una sinistra pratica eugenetica quel loro estremo tentativo di avere di un bambino che non debba morire, soffocato, entro il primo anno di vita? Sarà sul serio egoistica - come molti sono sempre pronti a sostenere - la loro pressante richiesta di un figlio o è invece una naturale e non più così frequente (ricordiamoci dell' Italia a tasso di crescita zero) istanza di dare amore? Sembra un desiderio, insomma, il loro, non capriccioso né accessorio bensì ragione stessa del loro essere coppia, che, paradossalmente, va nella direzione della più cattolica tra tutte le esortazioni: crescete e moltiplicatevi...
«Dio perdona, io no», era il titolo di un vecchissimo spaghetti-western: a volte, la durezza e l' intransigenza degli interventi «cattolici» fanno pensare a quello stesso concetto, in nome del quale un giudice molto probabilmente laico del tribunale di Salerno si lascia convincere della bontà e legittimità della richiesta di quella coppia e forse anche comprende gli anni di dolore e di lutto che vi stanno dietro, mentre i guardiani della fede mostrano, invece, il pollice verso senza esitazioni e senza una parola di sia pure formale comprensione per il dramma capitato ai due sventurati genitori. In altre parole, le teorie possono essere belle e chiare e condivisibili se non altro finché restano tali, ma la pratica, la vita e il suo quotidiano, difficoltoso combattimento sono quasi sempre tutt' altra cosa che apre squarci di sofferenza e di sangue dei quali l' inflessibile legislatore tende probabilmente a tenere troppo poco conto.
Isabella Bossi Fedrigotti, Corriere della Sera