giovedì 18 febbraio 2010

Golfisti in erba

Andrea Pacelli per "La Voce di Roma"


La carriera di un golfista dilettante é scandita da tappe ben precise, sempre uguali: un amico golfista che ci invita a seguirlo sul campo da golf, ci dice di provare a tirare una pallina da golf, noi che impugniamo il bastone in malo modo e le prime dieci palline “lisciate”. Scena successiva: ci demoralizziamo. Un ultimo tentativo e, come per un miracolo, la pallina parte ed inizia il suo volo parabolico. Per una frazione di secondo ci sentiamo onnipotenti. 
Il nostro amico ci convince che siamo portati; la scelta é fatta: diventeremo golfisti. Il nostro amico – sempre lui - ci spiega come associarsi ad un circolo e ci consiglia di non comprare un'attrezzatura nuova poichè ha pronto per noi un vero affare: un suo set di 5 anni fa praticamente nuovo che non usa piú (sicuramente dei bastoni da golf con impugnature lisce e rigidi shaft in acciaio). Iniziamo a prendere lezioni su lezioni fino a che dopo circa 5 mesi il nostro maestro di golf, dopo averci insegnato l'etichetta (che dimenticheremo per sempre!) ci dice che potremmo tentare di superare l'esame di gioco in campo per poter acquisire il famigerato handicap, ovvero quel patentino che consente di accedere al campo senza il maestro. L'esame teorico sulle regole - con tanto di quiz di gruppo – fa riemergere antiche abitudini e comportamenti scolastici: c'è chi dà una letta al libro da studiare e chi si arrangia copiando - o corrompendo - il vicino di banco. NB: essere bocciati all'esame delle regole regole  é sicuramente deprimente, ma non deve demoralizzarci: conoscerle a fondo ci permetterá di risparmiare molti colpi durante la nostra attività agonistica.

La parte di esame pratico invece é molto piú avvincente: tutti i giocatori N.C. (i non classificati, ovvero senza handicap) si riuniscono di solito  l'ultimo sabato del mese per disputare un giro sul campo da golf “vero”, reso piú abbordabile dalla commissione sportiva con tee di partenza praticamente in linea con quelli delle donne e bandiere centrali. Normalmente  i team sono seguiti a vista con il binocolo da alcuni soci che verificano il  regolare svolgimento del gioco, compromettendo a volte amicizie in seguito alla segnalazione di errori o non applicazione delle regole. Quello che accade durante il giro di prova tra i candidati golfisti é a volte esilerante e volte da vero e proprio illecito sportivo. Giocatori che partono dal tee dichiarando una pallina “Callaway numero 3 nera” per poi terminare la buca con una pallina “numero 4 non marcata”, senza essersi accorti di averle scambiate nell'erba alta con giocatori della buca limitrofa; futuri golfisti che tirando il drive (il famigerato “legno 1”) mandano la pallina in mezzo alla foresta nera e che, dopo aver cercato la pallina stessa per 10 minuti (e non i 5 consentiti), spianando erba e rami (orrore: il campo non va massacrato), estraggono dalla sacca un legnetto 9 (destinato normalmente alla muffa, visto che non si usa praticamente mai) e lo usano come falce, urlando infine felici: TROVATA!


E che dire di quei principianti che, concentrandosi solo sul proprio gioco, si dimenticano di contare i  colpi del proprio avversario e alla fine della buca, dovendo annotare sullo score card il punteggio, dopo uno sguardo di complicitá, assegnano un punteggio “a forfait” per evitare di terminare il giro in 7 ore? Questi  sono momenti simpatici della vita golfistica di un principiante; quelli che invece ritengo devastanti sono i racconti  narrati a tavola ad altri golfisti o a persone che confondono il giocodel golf con un maglione. Il principiante é capace di ricordare e raccontare accuratamente  e scientificamente ogni dettaglio delle 6 ore trascorse in campo: ogni buca giocata viene ripercorsa meticolosamente cercando di trasferire emozioni e stati d'animo di ogni colpo giocato, con tanto di suoni  ed effetti speciali.

Quando poi ci domandano che ferro abbiamo giocato al difficile par 3 con il vento contro si aspettano da noi la stessa domanda per vantarsi della loro qualità balistica. Dopo 15 minuti di monologo, in cui la nostra curva di attenzione precipita, cerchiamo di forzare la chiusura del racconto ponendo la domanda definitiva  si vabbé ma alla fine quanto hai fatto? La risposta dovrebbe essere semplice, dato che normalmente si esprime con un valore numerico a due cifre; la realtà è diversa: partono giustificazioni, con elencati il numero di x (ics) segnate, le palline perse nel bosco, i tiri con il putt che stavano per entrare con la pallina che per mezzo giro é rimasta sull'orlo della buca, o i tre putts in più per essere stati distratti dal compagno di gioco che si muoveva sulla nostra linea.

Concludendo, vorrei dare alcuni consigli a tutti coloro che si sono ritrovati in questi miei brevi racconti: il golf é solo quello giocato e trascritto con la matitina sullo score: tutto il resto non conta. Se poi proprio dovete raccontare le vostre “gesta”, fate prima una sintesi e selezionate solo due momenti decisivi.
Amici e golfisti vi ringrazieranno.
Andrea Pacelli




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