venerdì 12 febbraio 2010

Condanna per diffamazione a Sansonetti e Antonini

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Levata di scudi dalle testate di stampo politico per la condanna a otto mesi per diffamazione per il giornalista del giornale "Liberazione" Checchino Antonini e per Piero Sansonetti, allora direttore dello stesso quotidiano. Commenti tipo "Sentenza Choc", "fatto davvero grave", ma quello che infastidisce è il commento dell'associazione stampa romana, qui di seguito:

"L'Associazione Stampa Romana esprime stupore e profondo dissenso per la condanna a 8 mesi per diffamazione che il tribunale di Roma ha comminato ai colleghi Checchino Antonini e Piero Sansonetti, il primo giornalista di Liberazione, il secondo direttore della testata all'epoca dei fatti. La sentenza ha per oggetto un articolo del 16 settembre 2005 con la cronaca di una aspra polemica politica tra alcuni sindacati di polizia e Gigi Malabarba, allora capogruppo di Rifondazione a Palazzo Madama.
Si tratta dell'ennesimo episodio di intimidazione nei confronti di un cronista nell'esercizio delle sue funzioni: raccontare i fatti dando conto di ciò che accade nella nostra società e altrove. Un dovere, prima ancora che un diritto, sancito dall'articolo 21 della Costituzione, dalla legge Costitutiva dell'Ordine e dalle carte deontologiche che la categoria si è data nel tempo. L'Asr è solidale con i colleghi condannati e chiede all'Ordine Nazionale e alla Fnsi di intervenire a difesa di un bene, il diritto-dovere di cronaca, sempre più a rischio nel nostro Paese".

L'articolo in questione è quello in jpeg qui sopra. Mi dispiace umanamente per i colleghi, ma non capisco quale sia il punto: se un tribunale ha emesso una condanna per diffamazione, ci sarà stata diffamazione.E quindi va comminata una pena. O noi giornalisti siamo al di sopra della legge? Come potremmo, altrimenti, chiedere che le persone paghino per i loro errori? O il punto è l'entità della pena? Ma davvero crediamo che una persona diffamata a mezzo stampa poi possa riacquistare la stessa credibilità di cui godeva prima della diffamazione? Le parole sono macigni, non dimentichiamocelo mai.
Per quanto riguarda il diritto-dovere di cronaca, si può fare cronaca senza diffamare nessuno, è la prima regola che si impara, sul campo e addirittura nelle bistrattate scuole di giornalismo.

Germana Brizzolari
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