C’è stato un tempo, per la verità non troppo lontano, in cui i malati psichiatrici erano “i matti”. E i matti non erano neanche persone, ma errori disumani da neutralizzare, allontanare e far sparire. E sparivano in effetti, relegati dentro gli ospedali psichiatrici, i manicomi. Scomparivano costretti dentro camicie di forza, tra elettroshock, celle di detenzione, bagni ghiacciati, stanzini di punizione, gabbie di contenzione e lobotomie. Svanivano prima di fronte agli occhi pieni di vergogna delle loro stesse famiglie, poi a quelli ciechi, indolenti e complici della società.
Con Marta che aspetta l’alba, Massimo Polidoro affronta - basandosi su una storia vera - il tema della follia e della sua percezione prima e dopo la rivoluzione di Franco Basaglia, culminata nella legge 180 del 1978. Colui che divenne il riformatore della psichiatria italiana e il fondatore di una moderna concezione della salute mentale, diceva: “Visto da vicino nessuno è normale”. È l’alba della rivoluzione, è l’alba che Marta sta aspettando. Nel 1971, dopo essere stato a Gorizia e a Colonno, in provincia di Parma, Basaglia diventa direttore del manicomio di Trieste, introducendo laboratori teatrali e di pittura, istituendo al suo interno una cooperativa di lavoro, ma soprattutto portando con se’ l’idea che i malati mentali sono persone e come tali vanno trattati. Con lui, fra gli altri, Ugo Guarino, uno dei tanti artisti che cominciò a frequentare e a dare il suo contributo all’ospedale e che coniò lo slogan: “La libertà è terapeutica”.
Polidoro ci porta attraverso questa trasformazione grazie alle figure – autentiche - di Marta e Mariuccia: la prima finisce in manicomio per una banale sbronza, senza avere alcun problema psichiatrico e la sua storia si intreccia con quella di Mariuccia Giacomini, giovane infermiera “per caso” nel manicomio triestino. Prima testimone diretta degli orrori della “detenzione” psichiatrica, Mariuccia si appassionerà e abbraccerà poi totalmente la causa portata avanti da Basaglia. Lo scrittore ha conosciuto Mariuccia – che ancora oggi lavora con diverse funzioni nell’ex ospedale psichiatrico di Trieste proprio in quel reparto M dove aveva iniziato nel ‘69 – grazie allo spettacolo teatrale "Muri", che racconta dal punto di vista dell’infermiera, tre decenni di manicomio.
L'AUTORE: Massimo Polidoro, Già docente di Metodo scientifico e Psicologia dell’insolito alla Facoltà di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, collabora con il mensile Focus e con Discovery Channel. È segretario nazionale e cofondatore del CICAP, Comitato italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale. Nato nel 1989 per iniziativa di Piero Angela e un gruppo di studiosi (tra cui Silvio Garattini, Margherita Hack, Giuliano Toraldo di Francia, Tullio Regge, Rita Levi Montalcini e Carlo Rubbia) il CICAP promuove un’indagine scientifica e critica nei confronti del paranormale. Investigatore dell’occulto, smascheratore di maghi e fattucchiere, è considerato uno dei maggiori esperti internazionali di fenomeni insoliti. È autore di venti libri e di oltre trecento articoli sui rapporti tra scienza, paranormale e pseudoscienza. È inoltre noto al grande pubblico per il suo interesse e la sua competenza su altre aree di ricerca, come i grandi misteri della storia (da Atlantite al Titanic) a cui ha dedicato un libro, ai delitti che hanno sconvolto l’Italia (Cronaca nera, indagine sui delitti che hanno sconvolto l’Italia). Tra i suoi titoli più noti che appartengono a questo filone "Etica criminale. Fatti della banda Vallanzasca" - da cui è tratto il film "Vallanzasca. Gli angeli del male", per la regia di Michele Placido, con Kim Rossi Stuart -, "Un gioco infame", sui delitti e segreti della Uno Bianca, ed "Eravamo solo bambini", sugli orrori perpetrati a bambini e ragazzi all’istituto Santa Rita di Grottaferrata.