Non c’è tipo umano più sordido — credetemi — che l’amateur de livres. E non c’è purtroppo domenica che io non ne abbia a incrociare lo sguardo, mentre egli si aggira — quatto quatto — tra i banchi di Porta Portese, con un’aria da bestia famelica perennemente insoddisfatta. Guardatelo, il nostro eroe! Bolso, invasato, si macchierebbe di qualsiasi malefatta pur di portarsi a casa l’ennesima trouvaille dal prezzo esorbitante, l’ennesima «rilegatura in pelle bazzana con impressioni a secco...», come da catalogo. Gode, il depravato, al solo pensiero di accarezzare — con quelle sue manacce tozze e villose da scaricatore di porto in libera uscita — un bel dorso in pergamena. A volte mi chiedo quante ne avrà deflorate, di prime edizioni intonse, servendosi di quel suo ridicolo, anacronistico tagliacarte in radica di noce a forma di coccodrillo...
Un giorno, alla presenza dell’unico amico rimastogli, un collezionista di ex libris bolognese, tale dottor Remo Palmirani, è arrivato — mi dicono — a vantarsi di non aver mai messo piede in vita sua in una libreria della catena Feltrinelli. La vista di quegli scaffali strabocchevoli di volumi vergognosamente, inguaribilmente, immancabilmente nuovi, gli dava il voltastomaco. C’è da capirlo. Una vita trascorsa tra pareti tappezzate di cinquecentine, in grama compagnia di acari e di muffe, minerebbe l’equilibrio psichico di chiunque...
Fu a Capri, un’estate di molti anni fa, che lo incontrai una prima volta, in occasione — se non ricordo male — di una mostra di vecchie cartoline sovietiche, tra le quali sguazzava felice, incurante del solleone. A quel tempo, era solito indossare un paletot rigorosamente giallo, dalle grosse tasche interne. Le usava, queste, per nascondere agli occhi della moglie — prima che ella deperisse di stenti — il frutto dei suoi troppi e sempre più insensati acquisti. Rimasto vedovo, si guardò bene dal risposarsi, onde potersi dedicare, in tutta tranquillità, ai «piaceri» della carta, piuttosto che a quelli — ben più fugaci — della carne...
Da allora, la sua ombra non ha cessato di perseguitarmi. Anche a costo di passare per pazzo, voglio gridarlo ai quattro venti: il «bibliomane» conosce, uno per uno, i miei autori preferiti, arabi e persiani compresi... Setaccia mercati e mercatini al posto mio e — naturalmente — si impossessa di tutto ciò che potrebbe, dico potrebbe, lontanamente interessare il sottoscritto... Quello che, in una parola, si dice un «complotto»... Insomma, non posso fare a meno di pensare che, se non fosse per lui, per il maledetto «bibliomane», decine, forse centinaia di testi e di riviste dal valore inestimabile, campeggerebbero oggi nella mia, di biblioteca...
È per questa ragione che mi sono finalmente deciso a seguirlo. Usciva dalla solita bottega antiquaria con un pacco sotto il braccio. Lo odiavo con tutto me stesso. All’improvviso, mi resi conto che si era fatto crescere una barba brizzolata; la qual cosa — ora che ci rifletto meglio — conferiva a quel suo viso così ripugnante e antipatico un’espressione alquanto somigliante alla mia. Lo tallonai per ore fino a che non lo vidi scomparire di soppiatto nell’androne di uno squallido palazzo di periferia. Mentre mi accingevo a suonare il campanello del suo appartamento, l’occhio mi cadde sulla targa di ottone appesa alla porta, dove, inciso in lettere cubitali, troneggiava il nome del mio più acerrimo nemico:
Alter Ego (A.I.)