martedì 10 gennaio 2012

"Compagnia Totò" all'Ambra Jovinelli


Era il 19 gennaio 1922 quando Antonio De Curtis, in arte Totò, arrivò a Roma in cerca di fortuna. Lasciata Napoli dopo un insuccesso, si decise ad affrontare Giuseppe Jovinelli, "uno degli impresari più temuti di quegli anni", che aveva lanciato nel suo teatro Viviani, Petrolini, De Marco e tanti altri. Sono passati 90 anni da allora e il palcoscenico che consacrò definitivamente Totò alla fama nazionale celebra un omaggio all'Artista con "Compagnia Totò".

I testi e la regia dello spettacolo (in scena al Teatro Ambra Jovinelli di Roma - piazza GGuglielo Pepe 43-47 - dal 19 al 29 gennaio 2012)  sono di Giancarlo Sepe, che ha affidato all'espressività comica di Francesco Paolantoni e Giovanni Esposito questo viaggio nel mondo di uno tra i più grandi attori del secolo scorso. Gli altri interpreti sono (in ordine alfabetico) Carmine Borrino, Giovanni Del Monte Andrea Di Maria, Antonio Marfella, Gianluca Merolli, Alfonso Postiglione, Autilia Ranieri, Giampiero Schiano, Arduino Speranza. Con Pino Tufillaro e la partecipazione di Virginia Da Brescia, musica a cura di Harmonia Team e Davide Mastrogiovanni, scene e costumi di Carlo De Marino, luci di Umile Vainieri).

Racconta il regista, Giancarlo Sepe: "Il 15 Febbraio 1898 è nato Totò. Evviva Totò!!! Il 15 Aprile 1967 è morto Totò. Evviva Totò!!! Antonio Vincenzo Stefano Clemente fu registrato col nome della madre, che poi più tardi, nel 1921, sposerà il marchese Giuseppe de Curtis, che lo riconoscerà nel 1928. Il grande Totò, che un po’ parla la nostra lingua e un po’ no, che pensa in napoletano e vive in miseria, volge il suo sguardo obliquo a tutta la meraviglia umana - e non solo meraviglia - che lo circondava. Era talmente povero che la madre gli infilava per casa le sue gonne smesse, e molti lo chiamavano 'o femminiello".

"Da subito - continua Sepe - guardava le miserie del mondo, della povertà, e le pativa facendole rivivere attraverso la sua decantazione d'attore: fatta di sguardi affamati, occhi concupiscenti, racconti accentati dalle mani e virgolettati dal movimento della fronte. Si arruola a 19 anni, e nel 1919 è già in palcoscenico alla sala Napoli, e poi al Trianon. Nel 1922 lascia Napoli dopo un insuccesso e raggiunge Roma, dove debutta all'Ambra Jovinelli, esplodendo finalmente. Nel '26 calca i palcoscenici della rivista e - dal 1933 al 1940 - gira l'Italia con la sua compagnia che scioglie proprio a Roma, al Quattro Fontane, dove recita con Anna Magnani". 

"Un attore necessario  - conclude Sepe - senza il quale non avremmo capito la miseria, la ribellione, l'umanità e il riscatto della povera gente. Morto Totò, ci siamo inventati dei surrogati, a volte abbiamo cercato il suo mondo in altri mondi, limitrofi, affini, ma non quelli popolati dalla sua figura esile e marionettistica. C'è tutto un popolo sotterraneo che lo cerca ancora, ostinatamente, ma non lo trova, e lo reinventa dando ad ogni mariuolo, ad ogni sgobbato, ad ogni perdente, ad ogni nano o ad ogni sofferente un po’ della sua vitalità. Lo spettacolo è una messa laica in memoria di Totò: c'è chi ne parla, chi ne ripercorre le mimiche, i temi, i vezzi, le disarticolazioni, gli atti e le parole poetiche, le canzonette e i lazzi. C'è il fine dicitore che officia e che educa all'arte del nostro eroe, senza riuscirvi ma con forza dissacrante e comica. Totò non c'è più, ma è negli sguardi di chi lo commemora, di chi lo ricorda e di chi se lo sogna tutte le notti, in un atto d'amore perenne che è quello di divertire la gente". 
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