mercoledì 30 luglio 2008

Lucida e razionale


“Lucida e razionale”. Così era Annamaria Franzoni mentre, in otto minuti, uccideva il figlio maggiore Samuele. Il 30 gennaio 2002 la donna non è impazzita temporaneamente, non è stata presa da un raptus improvviso. No. Voleva uccidere. Il figlio.
Così ha motivato ieri la Cassazione, depositando la sentenza n° 31.456, di 50 pagine, e confermando la condanna a sedici anni di reclusione.

Poco importa che non sia stata trovata l’arma del delitto, che – anche se probabilmente non può essere stata che lei – non ci siano le prove della sua colpevolezza, che non sia stato individuato un motivo, quello che viene chiamato il “movente” (per la Cassazione “potrebbe essere stato un capriccio del bambino, ma non si conosce la causale o l’occasione che originò il gesto criminoso”). Per la Suprema Corte è da escludere, “al di là di ogni ragionevole dubbio” che l’omicida sia un estraneo. Cioè, i per giudici di piazza Cavour “non può essere stata altri che lei”. Posso anche essere d’accordo con il ragionamento “ad escludendum”, ma non può valere come prova (provata) di un omicidio. Mi spiego. Io, giudice, e io cittadino “so” che i tempi, la dinamica, la situazione non consentono la presenza di una terza persona, ma non c’è un fattore incriminante oggettivo. Né un’arma.

Quanta responsabilità in tutto ciò dei Ris? Gli esperti della polizia scientifica hanno setacciato la villetta di Cogne in lungo e in largo, ma non hanno trovato tracce illuminanti sulla presenza di terze persone. E l’accusa non ha avuto altri imputati da portare alla sbarra.

Germana Brizzolari
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