domenica 17 ottobre 2010

FANNULLONI: L’ITALIA CHE NON LAVORA


E' l’Italia di Brunetta, quella dei furbi e dei fannulloni di Stato, i tanto odiati dipendenti pubblici e statali. "Colpirne uno per educarne cento" è lo slogan della battaglia condotta dal ministro dell’Innovazione per la Pubblica amministrazione. Chi non produrrà, potrà pagare anche con il licenziamento. Ma la guerra ai fannulloni è ancora al punto di partenza, almeno a leggere i tantissimi privilegi che i dipendenti pubblici hanno acquisito e continuano a mantenere alle spalle dei contribuenti. Indennità speciali, premi produzione, generosi scatti pensionistici, benefit di lusso: questi sono solo alcuni dei “diritti” che impiegati, funzionari e soprattutto dirigenti sono riusciti a ottenere incrementando ogni anno la spesa pubblica. David Pieluigi, giornalista dell'Espresso e consulente delle trasmissioni "Exit" e "Effetto domino" di La7, ha pubblicato con NewtonCompton Editore "Fannulloni", per la prima inchiesta dettagliata e documentata in questo campo, mostrando come l’abuso e la deregolamentazione siano ormai diventati norma all’interno degli enti pubblici, esenti da qualsiasi controllo e sanzione disciplinare.

Dopo quella di Stella e Rizzo, un'altra Casta, quella della Pubblica Amministrazione: dal doppio stipendio dei magistrati alle generose indennità dei ministeriali, dal fondo unico di amministrazione al buono pasto e a quello orario. E ancora: i permessi retribuiti consentiti dalla legge 104 r sfruttati quasi esclusivamente dai dipendenti pubblici o anche Sicilia, Campania e Lazio: quando i dirigenti non sono mai abbastanza.

DALLE PRIME PAGINE:

Quando usiamo la parola fannulloni, di solito, ci riferiamo in maniera generica ai dipendenti pubblici; ma è bene sapere che, di nullafacenti, ci possono sapere diverse categorie.

1. I dipendenti che risultano in ufficio, ma che in realtà svolgono un’altra attività e si avvalgono, magari, della complicità dei colleghi per truffare l’azienda. Non sussistono dubbi sul fatto che questo comportamento configura il reato di truffa (e falso ideologico) nel caso della falsa timbratura: chi lo commette è immediatamente licenziato, deve rispondere penalmente, ha l’obbligo di restituire il maltolto ed è responsabile dei gravi danni arrecati all’immagine della Pubblica amministrazione e ai dipendenti tutti. Naturalmente si accerteranno i motivi del cattivo funzionamento del sistema di controllo e il dirigente responsabile dovrà spiegare quali sono state le ragioni che l’hanno spinto a non denunciare l’abuso; andranno valutate le diverse responsabilità e complicità espresse o taciute, con tutte le conseguenze del caso.

2. I falsi malati. «Striscia la notizia» ha denunciato diversi casi in tutta Italia: impiegati statali in malattia e poi ospiti di trasmissioni tv o impegnati a lavorare nei propri studi privati. In barca o sugli scii anche quando avevano presentato certificati per problemi alla schiena. Anche in questo caso, conclamata la falsa malattia del soggetto, l’impegato viene licenziato e denunciato per truffa. Gli inquirenti si occupano anche di verificare se il medico era compiacente, complice o poco scrupoloso e professionale.

3. Quelli che hanno un secondo lavoro. Si stima che una percentuale vicina al 12 % (probabilmente una stima al ribasso) dei dipendenti pubblici, faccia anche un altro lavoro per arrotondare lo stipendio. Questo dato è frutto di un’indagine a campione. La difesa dei fannulloni è che altri pubblici dipendenti, i professori universitari e, in particolare, i parlamentari di lavori ne facciano anche tre o quattro e senza bisogno di chiedere nessuna autorizzazione.

4. Chi è a tutti gli effetti in ufficio, non finge di ammalarsi, non fa il doppio lavoro, ma è improduttivo. La spiegazione più semplice è che i dipendenti pubblici sono sempre in sovrannumero. Spesso sono stati assunti per motivi “politici”. Per creare consenso. Il dirigente non lo incalza, anzi lo ignora, perché in realtà non ha bisogno di lui o perché non vuole avere a che gare con i rappresentanti sindacali. Al dirigente responsabile non vengono chiesti o misurati i risultati conseguiti e la conservazione del suo incarico non dipende dai risultati raggiunti o meno. Eppure lo scarso rendimento reiterato nel tempo, costituisce sempre causa di licenziamento in tutte le aziende private. Questo principio, nel pubblico, non vale quasi mai.

Il problema è che la P.A. in Italia non è stata pensata e strutturata per funzionare bene, ma per essere una mera serva del potere. Fannulloni sono stati gli uomini politici che invece di pensare al Paese hanno coltivato la loro cerchia di voti anche e, soprattutto, negli enti pubblici. Le disfunzioni che si registrano nel pubblico impiego sono da imputare a decisioni meramente politiche, ma questo non assolve i pubblici dipendenti: colpe ne hanno anche loro, tante, come ne ha un certo tipo di sindacato che ha sempre difeso chi non si impegnava nel lavoro.

Tutti, o quasi, concordano col ministro Renato Brunetta sulla necessità di rendere più efficiente e moderna la pubblica amministrazione e i suoi dipendenti. Ma la sua battaglia è ben lungi dall’essere vinta. E un segnale è il sit-in di protesta davanti a Palazzo Madama, sede del Senato, fatto a luglio scorso. Sit- in ribattezzato il "Fannulloni pride", l’orgoglio fannullone, una manifestazione contro il decreto legge 112/2008, il cosiddetto e temutissimo "Decreto Brunetta", che prevederebbe il taglio dell’organico e la decurtazione degli stipendi, controlli più severi sulle assenze per malattia e la soppressione per gli Enti pubblici con personale al di sotto delle cinquanta unità. Vedremo se il piano che si è prefissato il ministro della Pubblica amministrazione si concretizzerà e in quali tempi.


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