A chi gli chiedeva dove e quando fosse veramente nato, si divertiva — non senza una punta di impertinenza tipicamente sudamericana — a rispondere: «In Argentina, a due anni e mezzo di età». Diceva così, più che altro, per troncare sul nascere ogni eventuale illazione sulla sua origine eccentrica e spuria. Ricerche d’archivio avrebbero più tardi dimostrato che aveva visto la luce a Tolosa, l’11 dicembre 1890, figlio di padre ignoto, ma non escluderei a priori che quella santa donna di sua madre, Berta Gardés, l’abbia potuto scodellare addirittura in Uruguay, dove si era infatuata di un caudillo.
Comunque le cose siano andate, egli trascorse la più spensierata delle infanzie bighellonando tra le strade malfamate di una Buenos Aires che pullulava di gauchos e di muse da marciapiede. Gli piaceva da matti frequentare i teatri di periferia e si deve a questa sua passione giovanile se Arturo de Nava, una sera, dietro le quinte, lo prese in simpatia e – dopo averlo soprannominato "el francesito" – gli insegnò tutto quello che c’era da sapere su canto, chitarra e bandoneón. La sua vita cambiò ad un tratto nel 1911, quando, invitato in via di Guardia Vieja per una festicciola, conobbe José Razzano. A partire da quella data, per il duo Gardel-Razzano, le porte che conducono al viale della gloria e del successo si schiusero a ritmo di milonga.
Come primo ingaggio, fu chiesto loro di intrattenere i clienti che frequentavano il lupanare di Madame Jeanne, nel cuore del barrio Boca. Da lì, approdarono ben presto sulle scene dei cabaret più cari e lussuosi dell’intero Rio della Plata, dove il tango è un sentimento che si balla. Nel 1917, accompagnato dalla malinconica chitarra di José Ricardo e senza Razzano, interpretò "Mi noche triste", e con i soldi ricavati, acquistò, per la gioia delle sue ammiratrici, uno splendido cavallo da corsa di nome Lunatico. Ma anche il cinema gli riservò non poche soddisfazioni. Per la Paramount, girò "Luci di Buenos Aires" (1931) e molte altre pellicole che mandarono in visibilio il pubblico argentino. Quando lo invitarono a New York per recitare in Tango a Broadway, anche i suoi detrattori più feroci furono costretti ad ammettere che non c’era stato alcunché di fortuito nella sua strabiliante carriera di cantante e di divo del grande schermo.
La sua interpretazione più memorabile? Un 24 giugno, sulla pista dell’aeroporto di Medellín, dove il velivolo che avrebbe dovuto riportarlo a casa si schiantò – senza preavviso – in fase di decollo.
Angelo Iacovella