Karl Rosenthal, ingegnere
Quando mi prospettarono poche settimane di vita (se non fossero riusciti a procurarsi un cuore nuovo nel frattempo), non me la presi più di tanto. Ero talmente sofferente e provato a causa della mia malattia cronica da sentirmi come narcotizzato davanti all’idea della morte e, per quanto mi sforzassi, non riuscivo a provarne sgomento. Ciò accadeva nel febbraio del 1993. Mai avrei immaginato che sarei sopravvissuto per altri dieci, lunghi anni, né che la mia grigia e anonima esistenza da ingegnere sarebbe cambiata in modo tanto radicale.
Tutto precipitò così in fretta che a stento riuscii a rendermene conto. Il cuore nuovo arrivò in un battibaleno e un‘équipe di medici e infermieri si avventò sul mio letto d’ospedale per trasportarmi inerte in sala operatoria. Ero emozionato e spaventato insieme. Quando mi risvegliai, ebbi subito la confortante impressione di sentirmi molto meglio. Il donatore doveva essere stato un giovane forte e vitale, pensai tra me e me. Peccato che, a causa delle leggi severissime vigenti nel paese, le autorità sanitarie si rifiutassero di fornirmi indicazioni sulla sua identità.
Il pensiero di lui – e con esso il desiderio di ripagarlo per il suo non voluto gesto di generosità – cominciarono a insinuarsi come un tarlo nella mia mente. Mi sentivo come se, oltre al cuore, mi avesse regalato una porzione della sua prorompente personalità. Decisi, allora, di ingaggiare un investigatore privato. Nel giro di un mese, scoprì che si trattava di un giornalista free-lance, a suo modo un Don Chisciotte, e che la mafia russa lo aveva brutalmente ucciso mentre si occupava di un traffico di armi e di narcotici tra Mosca e l’Italia. La sua era stata una esecuzione in piena regola: un colpo secco alla testa. La pallottola gli aveva trapassato il cranio distruggendo le cornee, ma lasciando perfettamente integri tutti gli altri organi.
Fui preso ben presto dalla smania di continuare la sua opera. Mi sentivo “rinato” e in grado di lavorare il doppio, se non il triplo, di quanto avessi mai fatto in passato. Così, organizzai conferenze in giro per l’Europa e creai una fondazione per raccogliere fondi in memoria del mio amico donatore. Di tanto in tanto, mi sembrava quasi di vederlo e persino di parlargli.
Un giorno mi prese sotto braccio per portarmi con sé.
Sorrideva.
Angelo Iacovella