venerdì 23 marzo 2012

Nasredìn e la telepatia

«Sicché, secondo l’opinione prevalente, i dervisci non sarebbero altro che dei poveri matti», disse Nasreddìn Hodja, rivolto ai suoi allievi, mentre questi passeggiavano con lui per le strade di Akshehir, discorrendo amabilmente di mistica e di esoterismo islamico. «Bene. Adesso vi dimostrerò che le cose non stanno così. I dervisci, in realtà, sono uomini saggi e illuminati». Mentre pronunciava queste parole, come per incanto, si avvicinò a lui un tale, in odore di santità, vestito di luridi stracci, appartenente a un ordine di dervisci girovaghi e visionari.

«Amico», gli disse Nasreddìn, «consentimi di sottoporti a un esperimento. Voglio mostrare agli scettici che ancora albergano tra noi che cosa è capace di fare un vero derviscio con l’ausilio dei suoi poteri psichici!». Così dicendo, agitò velocemente la mano nell’aria, poi chiuse il pugno e domandò al derviscio: «Indovina che cosa nascondo nella mano!». 
E il derviscio: «Una carrozza, con tanto di cavallo e di cocchiere!». 
«Così non vale!», si lamentarono gli allievi. «Ti ha visto mentre li afferravi!». 

Angelo Iacovella
Wikipedia Affiliate Button